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Inattesa sorpresa di primavera: NEVE sui monti calabresi.

Ritorno a sorpresa delle neve sui monti calabresi!

Le foto di stamattina, lunedì 3 aprile 2017, sono eloquenti: in particolare la quota neve si è rivelata molto bassa sulla Sila Piccola, oltre i 1250 m slm circa, come testimonia lo scatto della webcam di località Pantane nel comune di Taverna (CZ):

Sul resto della Sila la quota neve invece si è rivelata leggermente più alta: a Camigliatello silano, ad esempio, poco o nulla a base piste (a circa 1370 m slm):

mentre a quote leggermente più alte, come i 1480 m slm della nostra webcam intermedia, la neve ha imbiancato tutto in maniera più decisa:

neve sui monti calabresi

Neve anche sul crotonese. Di seguito le foto scattate stamane presso il lago Ampollino da Villaggio Verberano Erwin:

neve sui monti calabresi

neve sui monti calabresi

neve sui monti calabresi

Insomma è stata una vera e propria sorpresa visto che la quota neve attesa era sicuramente oltre i 1600/1700 m slm.

Perché invece, la “dama bianca” ha deciso di fare una visitina anche alle quote più basse?

Difficile rispondere con certezza. E’ da dire, infatti, che ieri sera, al momento clou delle precipitazioni, era presente una “misera” isoterma di +2,5° a 1450 m slm, cioè uno “zero termico” posto a circa 1900/2000 m slm. Normalmente la quota neve si attesta circa 300 m slm più in basso, cioè, in questa circostanza, a circa 1700 m slm (come avevamo previsto noi). Invece, con grande sorpresa, la quota neve, come anticipato in precedenza, sulla Sila Grande si è attestata circa 500 m più in basso, mentre sulla Sila Piccola addirittura 700 m più in basso!

A nostro avviso le cause di un tale fenomeno, non frequente ma neanche raro, sono da ricercarsi in due particolari situazioni che, ieri, si sono verificati in concomitanza:

1) linea di convergenza alle basse quote in formazione al largo dello Ionio siciliano: fenomeno che noi avevamo comunque previsto nell’articolo pubblicato sabato sera, come ultimo aggiornamento. Maestrale che si scontra con lo scirocco: aria relativamente fredda più pesante che, quindi, nello scontro, solleva l’aria calda e umida preesistente, generando moti convettivi, cioè moti verticali verso l’alto, causa primaria della formazione di cumulonembi, cioè delle classiche nuvole temporalesche;

2) intrusione di aria stratosferica: l’immagine del satellite Meteosat 0° al “canale del vapore acqueo” di ieri sera alle 22:00 locali è eloquente: vedete quella striscia nera che parte dalla Francia per proseguire sul nord Africa giungendo al largo dello Ionio siciliano e chiudendosi a “riccio” proprio sulla Calabria? Bene, quella striscia nera (in inglese “dark stripe“) indica proprio l’intrusione di aria fredda e secca stratosferica (con alti valori di “vorticità potenziale isonetropica”) veicolata dal ramo più intenso della corrente a getto (il cosiddetto “jet streak”), con conseguente abbassamento della tropopausa (cioè il confine tra la troposfera, che è la parte di atmosfera in cui viviamo, e la stratosfera, che è quella superiore alla prima); tale massa d’aria, stazionando su quella più umida e calda della troposfera, non ha fatto altro altro che esaltare il gradiente termo-igrometrico verticale, andando a potenziare, pertanto, l’instabilità creata dalla linea di convergenza originaria al suolo.

L’azione concomitante del sollevamento d’aria calda e umida causato dall’avanzamento del fronte e materalizzatosi nella formazione della linea di convergenza, unita al gradiente termo-igrometrico esaltato dalla presenza di aria fredda e secca di origine stratosferica (gradiente già comunque presente visto il nocciolo di aria fredda in quota di -25° a circa 5520 m slm), non ha fatto altro che creare moti convettivi intensissimi, cioè movimenti verticali verso l’alto (updraft) e verso il basso (downdraft) ripetuti, come testimoniato dalle estese grandinate che si sono verificate su quasi tutta la regione.

In particolare, i movimenti verticali discendenti (i downdraft) hanno veicolato l’aria freddissima sovrastante verso il basso, provocando, quindi, l’abbassamento della quota neve 7/800 m al di sotto dello zero termico.

Ovviamente tale fenomeno è stato più intenso li dovè la linea di convergenza e l’arricciamento della dark stripe si sono combinati con una migliore esposizione alle correnti da sud-est dominanti in quota: cioè i versanti ionici del reggino e del catanzarese dove, quindi, l’abbassamento della quota neve rispetto allo zero termico è stato massimo.

Si poteva prevedere il tutto? Difficile dirlo a posteriori: con i “se” e i “ma”, come si sa, non si scrive la storia. Certo è che il fenomeno, come visto, è stato frutto della  fortunata e rara concomitanza di molteplici fattori, tutti molto difficili da prevedere già solo presi “a se stante”. Questo è il bello della meteorologia!

Si ringrazia il meteorologo Daniele Ingemi per gli spunti di riflessione offerti nell’analisi del fenomeno.

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